Accade a volte che le mamme siano impensierite dal modo in cui disegnano i propri figli: solitamente a preoccuparle è il confronto tra i disegni del proprio bambino e quelli dei coetanei.
Il dubbio che sorge riguarda l’inadeguatezza delle capacità di rappresentazione: le immagini che i loro bambini tracciano sul foglio sembrano loro troppo semplici, poco evolute, povere. Così si chiedono come fare per aiutarli a migliorare.
Disegnare, come parlare, equivale a utilizzare un linguaggio espressivo complesso: rappresentare graficamente un oggetto reale, tridimensionale, sulla superficie del foglio bidimensionale, coinvolge processi interattivi complessi e abilità diverse, come la percezione visiva, l’attenzione, la memoria, la risoluzione di problemi, oltre alle capacità visive e motorie. Il disegnatore ha bisogno di conoscere gli strumenti che utilizza ed essere in grado di usarli nel modo corretto, per esempio ha bisogno di sapere che la matita va utilizzata con la punta rivolta verso il foglio e che la si deve muovere controllando i propri movimenti.
La correlazione tra le capacità nel disegno e lo sviluppo dell'intelligenza, quindi, è una materia più complessa di quanto non si creda normalmente.
Sul prossimo numero di UPPA in arrivo a Giugno, Luisa Morassi, dottore di ricerca in Psicologia dello sviluppo all'Univeristà di Trieste, ci spiega perché il disegno, di per sé, non può essere considerato un test di intelligenza, e come la rappresentazione della figura umana è stata ampiamente studiata in relazione allo sviluppo dei bambini.
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