Esiste una correlazione tra capacità nel disegno e intelligenza?

Disegno e intelligenza

Accade a volte che le mamme siano impensierite dal modo in cui disegnano i propri figli: solitamente a preoccuparle è il confronto tra i disegni del proprio bambino e quelli dei coetanei.

Il dubbio che sorge riguarda l’inadeguatezza delle capacità di rappresentazione: le immagini che i loro bambini tracciano sul foglio sembrano loro troppo semplici, poco evolute, povere. Così si chiedono come fare per aiutarli a migliorare.

Disegnare, come parlare, equivale a utilizzare un linguaggio espressivo complesso: rappresentare graficamente un oggetto reale, tridimensionale, sulla superficie del foglio bidimensionale, coinvolge processi interattivi complessi e abilità diverse, come la percezione visiva, l’attenzione, la memoria, la risoluzione di problemi, oltre alle capacità visive e motorie. Il disegnatore ha bisogno di conoscere gli strumenti che utilizza ed essere in grado di usarli nel modo corretto, per esempio ha bisogno di sapere che la matita va utilizzata con la punta rivolta verso il foglio e che la si deve muovere controllando i propri movimenti.

La correlazione tra le capacità nel disegno e lo sviluppo dell'intelligenza, quindi, è una materia più complessa di quanto non si creda normalmente.
Sul prossimo numero di UPPA in arrivo a Giugno, Luisa Morassi, dottore di ricerca in Psicologia dello sviluppo all'Univeristà di Trieste, ci spiega perché il disegno, di per sé, non può essere considerato un test di intelligenza, e come la rappresentazione della figura umana è stata ampiamente studiata in relazione allo sviluppo dei bambini.

 

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E poi, sul prossimo numero:

Il latte materno è diventato un business

Nei paesi anglosassoni è aumentata negli ultimi anni la compravendita del latte materno facilitata e amplificata dalla potenza rete. Di solito l’affare coinvolge madri che non possono o non riescono ad allattare al seno e ricorrono a internet prima che alle formule. Il latte materno può essere venduto a banche private del latte che lo ripropongono, a costo maggiorato, agli ospedali o ad altre mamme, ma può finire anche per alimentare la produzione di fortificanti o integratori. Di fatto, questo nuovo commercio sembra rivelare poche opportunità e molte fragilità e si sta dimostrando facile preda di tutti i pericoli che stanno dietro al business. Ce ne parla il pediatra Sergio Conti Nibali.
 

La scuola non è una gara

La competizione aiuta a imparare meglio? La risposta è no. I più recenti studi neurobiologici e psicologici hanno confermato che, alla base di un apprendimento efficace, stanno processi che non c’entrano nulla con la competizione. I bambini hanno una necessità fisiologica di sintonizzare i nuovi contenuti che ricevono con quelli già in loro possesso e per farlo ci vuole del tempo. Può accadere che un alunno provi e riprovi, sbagli, e improvvisamente capisca. Un processo fondamentale che è inutile, sconveniente, e anche molto spesso pericoloso, bloccare continuamente con verifiche che definiscono cosa è giusto e cosa è sbagliato, ciò che è corretto o ciò che non lo è. Ne parliamo sul prossimo numero nella rubrica dedicata alla scuola.

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